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  • Carissimo Direttore Sergio Dario Merzario!

    all’Italia e agli italiani. Questo pamplet è

    indirizzato alla casalinga di Voghera che non sa

    che pesci prendere e a chi credere; non voglio

    definire il giusto dalla sbagliato, ma chiudere i

    conti con il fascismo di Mussolini, liberare gli

    italiani con i fantasmi del “ventennio” per cercare

    di vivere questa nostra breve ma meravigliosa

    avventura sulla Terra al meglio.

    Naturalmente mi prenderò delle licenze storiche

    affinchè il racconto non sia noioso, lasciando

    intatta la sostanza dei fatti, la maggior parte dei

    fatti, sono stati presi dal quotidiano “Il Resto del

    Carlino”, dagli scritti di Gabriele D’Annunzio e

    Antonio Gramsci e infine dai manuali in uso nelle

    scuole della Repubblica Italiana.

    Come prima cosa: perché il fascismo si chiana

    fascismo? Sembra uno scioglilingua, è soltanto

    etimologia, cioè ricerca del significato di fascismo

    nei tempi antichi.

    Fascismo è una derivazione dei fasci littori del

    tempo monarchico romano. Signora casalinga di

    Voghera lei sicuramente avrà sentito parlare di

    Romolo primo re di Roma, bene a quel tempo i re

    si chiamavano Magistrati, univano nella loro

    persona i poteri esecutivi (governo) legislativo

    (parlamento) giuridico (tribunale), non proprio

    come li intendiamo oggi ( 2018 ) però dà l’idea

    del potere reale di allora e del perché esistevano

    i littori ( che probabilmente era una istituzione

    etrusca ). Comunque i littori sono equiparabili

    agli odierni Corazzieri, la guardia del Presidente

    della Repubblica Italiana, al principio, con

    Romolo, erano quattro, poi via via aumentarono

    senza avere un numero definito. Questi littori

    portavano poggiata sulla spalla una scure fasciata

    con verghe legate con quattro o cinque lacci, il

    tutto chiamato Fascio. Tutto questo perché i

    cittadini romani avevano il privilegio di fermare

    per strada il re o il magistrato e chiedere

    giustizia per un torto presunto subito, il re o il

    magistrato si fermava ascoltava l’accusa sentiva

    la difesa dell’accusato, interrogava i testimoni e

    alla fine emetteva la sentenza, la decapitazione

    per gli assassini e i traditori della Patria, le frustate

    per gli altri delitti.

    I littori eseguivano la sentenza ora e subito.

    Questa forma di giustizia selvaggia, per i nostri

    tempi 2018, era bilanciata dal fatto che i magi-

    strati romani, dopo la monarchia, a seconda del-

    l’importanza erano eletti direttamente dai

    cittadini romani, e dato che l’elezione delle varie

    magistrature era per i romani il privilegio più

    ambito, gli eletti dovevano dar prova di servizio

    per garantire al popolo romano pace e giustizia,

    oggi, ora e subito.

    Il fascismo dell’anno 1919 è stato portato avanti

    dalle “camice nere”, oggi 2018 basta pronunciare

    camicia nera” che ne segue un putiferio, e c’è

    qualche politico che sostiene che chiunque

    pronunci “camicia nera” debba essere sottoposto

    a giudizio penale e condannato, assurdo, siamo

    siamo alla Santa Inquisizione.

    Continuiamo col capire le camicie nere.

    Il fatto tecnico di camicia nera è stato che quel

    colore era di facile reperimento, e dato che in

    famiglia si trovava facilmente una signora che

    sapesse confezionare le camicie, ecco come di

    incanto le camicie nere assursero a segno di

    riconoscimento i reduci vittoriosi della Prima

    Guerra Mondiale che si ritrovavano davanti alle

    Prefetture per reclamare le promesse che erano

    state fatte a loro negli anni bui delle trincee, di

    Caporetto, del Piave e di Vittorio Veneto.

    Procediamo con ordine.

    Nel 1914 – 1915 in Italia c’erano italiani che

    volevano restare neutrali e chi volevano entrare

    in guerra contro l’Austria per completare il

    Risorgimento italiano. Io non voglio entrare nella

    discussione di merito, non sono in grado di farlo.

    XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX



    Carissimo Sergio, qui di seguito la continuazione

    Del Fascismo, lo chiamerò FASCISMO-2


    Nel 1915 in Italia c’erano sostanzialmente due

    partiti, gli interventisti che volevano la guerra con-

    tro l’Austria e gli antinterventisti che non la

    volevano, in entrambi i casi la finalità era di

    completare il risorgimento annettendo il Trentino

    alto Adige e la parte orientale del Friuli, l’Istria e

    la città di Fiume, tralasciando i dettagli che secondo

    non interessano, il fatto principale era che i poteri

    forti e l’ambiente militare presentavano l’entrata in

    guerra una cosa facile ( le nuove armi e la nuova

    strategia ) e cosa importante la brevità della

    campagna militare era riassunta così: pochi mesi

    di guerra, vittoria sicura e tutti presto a casa.

    A questo punto bisogna sottolineare l’entusiasmo

    dei militari di carriera, non vedevano l’ora di

    marciare contro il nemico per ritornare a casa

    coperti di gloria, addirittura i bersaglieri per fare

    più in fretta adottarono la bicicletta, che poi si

    rivelò vincente ma per tutta un’altra questione.

    Nel 1915 comunque sia l’Italia entra in guerra, e

    dopo pochi mesi di assalti alla baionetta nefasti per

    i soldati italiani il generalissimo Cadorna dovette

    affrontare un problema che dette inizio all’epopea

    delle Camicie Nere.

    I sergenti, sottotenenti, tenenti e capitani di

    carriera furono falciati inesorabilmente dalle

    mitraglie austriache, il Cadorna si trovò senza

    ufficiali inferiori e sottufficiali, cosa fare?

    Cadorna chiama alle armi farmacisti, notai,

    professori, piccoli e grandi commerciati,

    intermediari agricoli, capi bovari e mezzadri,

    tutte queste persone frequentarono un corso

    acellerato militare e sostituirono i graduati falciati

    dalle mitraglie. Questi militari all’inizio non potero

    no fare altro che eseguire alla lettera gli ordini dei

    dispacci giornalieri, ma piano piano le cose

    cambiarono.

    Un esempio per tutti, una lettera di un alpino:

    Cara moglie qui al fronte non viviamo bene

    speriamo solo di vedere la prossima alba, l’altro

    ieri abbiamo avuto l’ordine di attraversare il

    fiume e posizionarci dietro la collina, il sergente

    Piero, quello che compre il vino, a poco, di tutta la

    nostra zona e lo rivende in città al doppio, ha fatto

    presente al Tenente Giulio, figlio del notaio, che

    pescava proprio dove dovevamo attraversare

    all’improvviso i mulinelli d’acqua facevano la loro

    nefasta comparsa.

    Il tenente Giulio ha trascorso tutto il pomeriggio per

    accertasi del fatto, e una volta sicuro, l’indomani

    mattino in accordo con il capitano il dott. Mario,

    dette ordine di caricare i muli, gli zaini per risalire

    il fiume fino a che trovammo un guado sicuro.

    Infatti a sera il porta ordini riferì che l’altra

    compagnia ha perso un mulo e bagnato parte del

    carico per colpa dei mulinelli apparsi all’improvviso.

    Caro Sergio, il cammino delle camicie nere è

    iniziato, il personale civile sottufficiali e ufficiali

    inferiori iniziò a ottemperare gli ordini scritti non

    alla lettera come ci si aspetta da un soldato ma

    secondo la convenienza del momento, insomma prendono coscienza di se stessi e del momento che vivono.

    Adesso esaminiamo Caporetto, la guerra si

    trascinava stancamente con assalti inconcludenti

    da ambo le parti, intanto in Russia i tedeschi e i russi

    giungono ad un cessate il fuoco complice la

    rivoluzione di ottobre con l’assalto al palazzo dello

    Zar, le divisioni tedesche impiegate in Russia

    vengono spostate sul fronte italiano giudicato

    dallo stato maggiore tedesco il più facile da

    sfondare per poi prendere alle spalle le linee francesi

    e presentarsi al tavolo della pace da una posizione

    di forza, i tedeschi sapevano che la guerra era

    quasi perduta.

    A questa fotografia della realtà bisogna aggiungere

    il fatto che in tutte le guerre i comandanti hanno

    cercato di sapere in anticipo le mosse del nemico

    attra verso le spie le quali erano ben pagate, nella

    vicenda di Caporetto le spie e i dispacci intercettati

    furono decisivi; il Cadorna era stato ben informato

    che le divisioni tedesche dalla Russia si avvicinavano

    alla zona orientale italiana, però forse per mancanza

    di mazzi di carte i dispacci informativi furono usati

    per, come succedaneo, giocare a carte, insomma

    furono letti e considerati poco attendibili.

    Chiaramente le nostre linee avevano sì le sentinelle

    ma queste non erano al massimo dell’allerta, per

    questo motivo le divisioni tedesche trovarono poca

    resistenza, inoltre bisogna sottolineare che

    l’esperienza maturata in Russia faceva dei tedeschi

    una formidabile macchina da guerra.

    I tedeschi sfondarono le linee italiane e costrinsero

    i nostri alla ritirata, gli italiani si attestarono sulla

    riva destra del Piave, e qui avvenne qualcosa che

    trascende le vicende puramente militari e irrompe

    l’umanità dell’uomo che in quel momento è un

    soldato. Gli alpini della Julia sempre più

    insistentemente vengono a sapere delle scorrerie

    dei tedeschi e ciascuno di loro pensa subito alla

    sua baita, al suo campo, alla sua famiglia, al suo

    buccino; questi pensieri lo tormentano ogni ora

    di più, ed ecco che gli alpini della Taurinense si

    offrono di menare le mani, insomma la Julia indica

    la strada da percorrere e la Taurinense avrebbe

    liberato la terra italiana dai tedeschi.

    Questo fu possibile da due fatti importanti anche se

    questi fatti sono slegati l’uno dall’altro, ad essi se ne

    aggiungerà un altro fornito dai bersaglieri.

    Primo fatto, il generalissimo Cadorna fu spostato

    finalmente ad altro incarico, il subentrante Diaz

    lascio una certa autonomia di azione ai comandanti

    sul campo.

    Secondo fatto, anche i tedeschi avevano le loro spie,

    queste riportarono a loro i dispacci che stabilivano

    che il reparto A doveva posizionarsi nella zona X1,

    il reparto B nella zona Y2, e così via,

    conseguentemente i tedeschi sulla riva sinistra del

    Piave cannoneggiarono le zone indicate dai dispacci

    intercettate o fornite dalle spie.

    Invece i comandanti italiani per un motivo o per

    un altro non si posizionarono secondo gli ordini

    ricevuti ma secondo la convenienza del momento.

    Terzo fatto, i bersaglieri ciclisti nella fretta

    abbandonarono le biciclette per attraversare il

    Piave e salvarsi la vita, quest’affronto non lo

    digerirono, i bersaglieri si ricordarono che

    sapevano correre e vollero dimostrare di esserne

    ancora capaci.

    Tutti questi fatti uniti insieme permisero agli

    alpini unitamente ai bersaglieri di ripassare il Piave

    e piombare sui tedeschi, i quali alla vista degli

    italiani non credevano ai loro occhi, come noi

    abbiamo bombardato con coscienza calvinista i

    vostri accampamenti come dai bollettini firmati

    da Diaz e voi siete qui?

    Gli ufficiali tedeschi ordinarono la ritirata per

    mancanza di munizioni e di viveri per evitare una inutile carneficina. Inoltre il Diaz fece circolare la

    voce che finita la guerra i reduci avrebbero avuto

    un lavoro dignitoso bastante per se stessi e la

    propria famiglia.

    A guerra finita con la vittoria degli italiani e gli

    alleati arriva un’altra grana, il presidente degli USA

    Roosvelt ( mi pare ) attraverso un suo ragionamento

    decide che la città di Fiume e l’Istria deve andare alla

    nascente Jugoslavia, apriti cielo D’Annunzio denuncia

    la vittoria mutilata” e con i reduci marcia su Fiume e

    per mesi spera che lo stato italiano sostenga la sua

    impresa, negativo il Re e il governo in carica ordinano

    il rientro pena l’intervento armato dell’esercito.

    A questo punto il Re Vittorio Emanuele III è in crisi,

    non può dichiarare guerra agli USA e dato che è stato

    lui a nominare e sostenere il generale inetto Cadorna,

    doveva abdicare favore del figlio Umberto II, nominare

    reggente la regina Margherita, sottolineo che la regina

    è una principessa di sangue reale e le cronache della

    epoca non riportano passi falsi, nominare, inoltre, il

    colonnello più giovane capo di stato maggiore,

    pensionando così tutti i militari più anziani.

    Quanto sopra esposto doveva permettere all’Italia

    e agli italiani di poter ricominciare da capo con

    personaggi nuovi non compromessi con il passato, così

    da essere accettati con rispetto all’estero.

    La monarchia nel 1919 era accettata da una larga

    maggioranza del popolo ed era garanzia di un

    momento di maturità che all’Italia mancava per

    essere alla pari con gli altri Stati.

    All’epoca gli operai e i contadini volevano portare

    in Italia la rivoluzione russa, spiegherò più in là

    perchè la rivoluzione russa non era esportabile

    in Italia.

    Però questo fatto ha contribuito alla nascente

    formazione delle camicie nere.

    Mettiamo in ordine i fatti, dopo l’avventura negativa

    di Fiume i reduci si riuniscono davanti alle Prefetture

    per riscuotere le promesse fatte sulle trincee,

    vogliono un lavoro e un corrispettivo dignitoso.

    Ottengono poco o nulla, il Re sciaboletta doveva

    puntellare la monarchia traballante, gli agrari

    e gli industriali volevano una protezione certa

    contro l’ipotesi di occupazione delle industrie e

    dei campi, qui bisogna aprire una parentesi, i

    Prefetti e i Commissari di Pubblica Sicurezza ( la

    Polizia di Stato dell’epoca ) fino a quando

    le occupazioni erano pacifiche e finalizzate a un

    ritorno economico lasciavano fare, intervenivano

    quando la situazione degenerava, onore ai

    Commissari per la loro equidistanza, in relazione

    alla possibilità di una vera rivoluzione e

    conseguente deportazione al Gulag italiano Forte

    delle Finestre di memoria risorgimentale del 1861.

    A questo punto esce fuori con prepotenza la figura

    di Mussolini che intuisce la potenzialità delle

    camicie nere e diventa l’ub, il perno, del momento,

    difende gli agrari e gli industriali dall’ipotetica

    rivoluzione, puntella la monarchia di sciaboletta,

    ridà orgoglio agli italiani demoralizzati

    dall’avventura negativa di Fiume. Ciascuno degli

    attori pensa che una volta domata la nascente

    rivoluzione si possa fare a meno dell’altro.

    Così non fu perché ci sono sempre dettagli

    apparentemente inocui ma che si ingrandiscono

    a dismisura man mano che passa il tempo.

    Primo dettaglio il re istituzionalizza Mussolini e

    le camicie nere, questo fatto riconosce le promesse

    fatte ai soldati del Piave, apriamo un’altra parente-

    si, ( i rappresentanti della società che portò l’Italia

    a Caporetto era formata da Ufficiali incapaci di

    cogliere le trasformazioni della realtà. In altre

    parole per loro la realtà non cambiava rimaneva

    uguale a se stessa fino alla fine dei tempi, poi

    aggiungiamo i giornalisti asserviti al potere

    [ succede ancora oggi 2018 ], fratelli e nipoti di

    nobili decaduti e senza rendite, di Cardinali,

    Vescovi e infine dei figli illegittimi del clero

    diocesano, tutte queste persone fin da piccoli

    inseguivano un posto al sole e quando si accorsero

    che le camicie nere avevano assicurato un introito

    economico sicuro e con poca fatica si intrupparono

    qualcuno un po’ prima della marcia su Roma,

    anche perché Mussolini aveva bisogno di nuove

    leve per presidiare tutte le città piccole e grandi,

    persone affidabili e ben viste dagli agrari dagli

    industriali e dal Vaticano e con l’innesto di

    queste persone le camicie nere perdono la

    ragione sociale, del loro esistere, la promessa

    di un lavoro ben retribuito è stata esaudita, che

    però non aveva nulla di dignitoso, perché

    riportava l’Italia al feudalesimo, tutte le persone

    quando nascevano erano inquadrate in una casella

    secondo la posizione sociale dei genitori e da lì non

    potevano muoversi facilmente a meno che non

    aderivano alle camicie nere.)

    Il Re, sciaboletta, pensava che una volta puntellata

    la monarchia nel Paese avrebbe trovato un garbuglio

    per liberarsi di Mussolini.

    Mussolini, invece, ha finalmente raggiunto il suo

    sogno, da bravo arruffa popolo con parlantina

    sciolta riusciva ad avere per se quasi tutto il popolo

    con poche eccezioni, notevole è il rifacimento del

    PNF partito nazional fascista, ricomposto in per

    necessità familiari, cioè per trovare un posto di

    lavoro era necessario avere la tessera del PNF.

    Le camicie nere erano sostanzialmente divise in

    due parti, la parte facente capo ai reduci del 1918,

    e dell’avventura di Fiume sono persone coscienti

    di se stessi e capaci di valutare la realtà per quella

    che è, e gli avventurieri dal 1922 in poi che

    cercavano solo un posto al sole, comunque le camicie

    nere erano consapevoli che servivano al governo, al

    Re, agli industriali e agli agrari per fare il lavoro

    sporco e inconfessabile. Più volte Mussolini cercò

    di sciogliere le camicie nere, anche lui in qualche

    modo ne era prigioniero, ma ormai dopo il 1923

    le camicie nere erano uno stato nello stato.

    Ora veniamo a Giacomo Matteotti.

    L’Italia e gli italiani devono a Matteotti gli onori a

    un maestro di democrazia e di vita. Detto questo

    a mio modesto avviso cercherò di spiegare perché

    Matteotti negli anni ’20 non venne percepito come

    una guida ma anzi venne barbaramente ucciso.

    All’epoca la stragrande maggioranza degli italiani

    avevano il problema di mettere insieme pranzo e

    cena, gli zappatori chiamati a giornata alla sera

    ricevuto il compenso dovevano comprare il

    pane e l’olio portarlo a casa e sfamare la famiglia,

    e se gli passava per la mente di comprare un

    giornale per sapere di Matteotti rimaneva

    il problema che non sapeva leggere. Insomma

    le idee, giustissime, di Matteotti rimanevano in

    un luminoso limbo senza essere recepite dal

    popolo bisognoso. Matteotti morì e quel poco

    di clamore dei giorni successivi piano piano

    finì, dobbiamo ricordare che all’epoca non c’era

    la TV, c’era la radio la quale trasmetteva il

    cosiddetto comunicato con le notizie del giorno,

    però la radio era controllata dal governo e il cerchio

    si chiude. Per onore di verità oggi, 2018, dobbiamo

    continuare a ricordare Matteotti per non

    dimenticarci il valore della libertà.

    Adesso devo illustrare le idee di un altro attore di

    quei tempi: Antonio Gramsci.

    Quando si parla di Antonio Gramsci, in Italia, si parla

    del biennio rosso 1920-22, nel senso che i comunisti

    italiani guidati da Gramsci hanno tentato di importa-

    re la rivoluzione bolscevica dalla Russia in Italia.

    Quanto sopra è vero, ma fino a un certo punto,

    perché dalle pagine “Le lettere del carcere” di

    Gramsci emerge altra cosa, che stranamente in

    Italia viene rimossa e che all’estero viene

    approfondita.

    Per ragioni per ragioni di estetica e di

    ragionevole lettura, insomma per non annoiare

    il lettore mi prendo licenze storiche a piene mani,

    anche per evitare accuse di fascismo o di

    antifascismo.

    Gramsci e i comunisti volevano importare la

    rivoluzione bolscevica semplicemente imitando

    gli scioperi industriali e le occupazioni delle terre.

    Nulla di più infausto. Per iniziare si deve

    sottolineare il fatto che in Italia non c’erano le

    Anime morte” di Gogol, scrittore russo, cosa

    significa: in Russiai proprietari terrieri

    aristocratici e no, risiedevano a Mosca e la

    loro preoccupazione era di riscuotere la rendita

    dei loro terreni dai loro amministratori per

    condurre una vita agiata e significativa a Mosca,

    città che bene o male aveva vivace e di levatura

    europea, Mosca non aveva nulla da invidiare a

    Parigi, a Berlino, a Londra. Gramsci non si

    capacitava a non vedere la rivoluzione in Italia,

    ecco che ebbe un’idea si reca a Mosca da Lenin

    per avere i giusti lumi e una cospicua sovvenzione.

    Lenin lo accoglie fraternamente e all’udienza

    concessa,( io non c’ero però da qualche parola

    rubata qui e là, viene fuori questo): Caro Totonno

    Gramsci la rivoluzione non è soltanto sciopero e

    occupazione, Totonno in Italia gli industriali

    vivono a pochi chilometri dalla loro industria,

    gli agrari quando è autunno prendono in mano

    un pugno di terra ne aspirano l’umore e decidono

    quanto letame ci vuole e dove metterlo, quando

    la brezza di giugno accarezza le spighe di grano

    prendono un pugno di spighe e pensano con

    queste possiamo ricavarci un pane per due persone

    a mezzogiorno, poi prendono una bracciata di

    spighe e pensano con queste ci facciamo le tagliatelle

    per tutta la famiglia, e pensieri simili le facevano

    anche gli industriali.

    Gli industriali e gli agrari italiani erano sempre in

    prima fila a difendere le loro proprietà costi quello

    che costi, a differenza dei proprietari russi che non

    sapevano dove si trovavano le loro proprietà.

    Vedi Antonio la rivoluzione operaia e contadina

    si può fare in Italia ma non copiando quella

    bolscevica russa. Antonio lo sbaglio che avete fatto

    è quello di lasciare il sindacalista arruffa popolo

    Benito Mussolini alla controparte padronale,

    voi comunisti italiani dovevate sostenere le

    richieste dei reduci e non pensare solo al vostro

    orticello. E’ vero che l’impresa di Fiume era

    persa in partenza, l’Italia non poteva opporsi al

    presidente USA Roosvelt, quindi quando i legionari

    ritornarono a Milano a Bologna a Venezia voi

    dove vate andargli incontro abbracciarli e

    sostenere la loro giusta richiesta: il lavoro dignitoso

    promesso nelle trincee da Caporetto a Vittorio

    Veneto, promessa che i promettenti non mantennero

    nell’immediato, ma che piano piano riuscirono ad

    esaudire contrapponendo le camicie nere agli operai

    e contadini.

    Totonno Gramsci io Lenin ti raddoppio la

    sovvenzione, ritorna in Italia e costruisci una

    opposizione all’italiana.

    Gramsci ritorna in Italia e presto viene imprigionato,

    però dal carcere riesce a fotografare scrivendo la

    situazione italiana: gli operai e i contadini hanno

    diritti e doveri diversi dagli altri ceti, insomma al

    99% sono i nuovi servi della gleba, però se accettano

    la loro condizione sono ben trattati e possono

    sperare sia di un miglioramento delle loro

    condizioni ma anche e soprattutto per i loro figli,

    ma quei servi della gleba che pretendono gli

    stessi diritti della media e grande borghesia e del

    clero, specialmente quello diocesano, si scontrano

    con le camicie nere ricevendo olio di ricino

    e manganellate, e se non basta carcere ed esilio.

    Per finire il discorso su Gramsci vorrei riassumere

    Le lettere dal carcere” con una ipotetica lettere che

    Gramsci avrebbe potuto scrivere a Mussolini, questa

    lettera non fu mai scritta ma è il riassunto del

    riassunto del riassunto del rapporto fra Gramsci

    e Mussolini.

    A sua Eccellenza il Primo Ministro Onorevole Benito

    Mussolini, egregio Mussolini noi comunisti italiani ci

    rivolgiamo a Lei per sottoporle una richiesta per

    riappacificare gli italiani tutti sotto la Sua

    illuminata guida, noi comunisti italiani siamo

    disposti ad accettare le Sue innovazioni in

    campo economico-politico-culturale purchè Lei

    sciolga le Camicie Nere e promuava nuove

    elezioni entro un anno, questa volta i seggi elettorali

    devono essere presidiati dalla Polizia, dai Carabinieri,

    e se non basta dall’esercito.

    Naturalmente Mussolini non poteva esaudire questa

    richiesta, ormai Mussolini è prigioniero di sé stesso

    del Re, e delle Camicie Nere che ATTENZIONE non

    so no più solo i reduci di Caporetto e Vittorio

    Veneto, ormai sono inquinate dai nuovi iscritti,

    persone in cerca di un posto al sole senz’anima né

    cervello, queste persone imitano malamente

    Mussolini, il quale fa quello che sa fare: arruffa

    popolo, Mussolini si rende conto delle richieste

    del popolo affamato e con discorsi affascinanti,

    convencenti e coreografici parla e parla facendo

    intravedere luminosi traguardi che in effetti ha

    costruito solo in piccola parte e per pochi, questi

    traguardi li espone per tutti, e il popolo applaude

    convinto che il benessere sia a portata di mano,

    per farla breve sia Mussolini che il Popolo si

    illudono che i discorsi siano veri. Non sapremo

    mai se Mussolini credeva in ciò che diceva, la realtà

    della Seconda Guerra Mondiale fu peggio di quella

    esposta dai generali che conoscevano le condizioni

    dell’esercito italiano in rapporto a quello degli altri

    stati belligeranti, e fu la catastrofe.



    Per finire voglio esporre la mia personale idea sul

    fascismo: noi italiani abbiamo la Legge Scelba che

    individua il reato di ricostruzione del Partito

    Fascista quando in un momento di discussione

    politica siano esposti simboli che riconducano

    al fascismo degli anni ’20 ’30 e ’40 ( Mussolini

    decideva per filo e per segno cosa doveva fare e

    dire una persona nelle 24 ore del giorno, che

    poteva anche andare bene ma il guaio era che non

    si poteva cambiare niente nei secoli dei secoli

    con la benedizione della Chiesa, in particolare

    quella diocesana, è qui il reato di fascismo: la

    LEGGE che governava bene una realtà di un

    determinato anno o periodo necessariamente era

    dannosa se la realtà cambia, conseguentemente

    la LEGGE doveva cambiare per recepire la nuova

    realtà, un po’ come il paniere dell’Istat che fa

    entrare i nuovi prodotti che diventano necessari

    al buon vivere e toglie quei prodotti che sono sempre

    utili ma non più necessari al buon vivere, e da questi

    prodotti trae l’inflazione che determina l’aumento dei

    salari e delle pensioni. Spero di essere stato chiaro. E

    per essere sinceri non è farina del mio sacco, è solo

    che è qualcosa di migliaia di anni fa e che io l’ho

    aggiustata ad oggi.

    Vorrei dare un giudizio su Mussolini, anzi sono due

    uno positivo e uno negativo.

    Mussolini dalla fine dell’800 al 1918 fa quello che sa

    fare: il sindacalista. Il suo bel parlare costringe gli

    italiani a prendere coscienza di sé stessi, e cercare

    una nuova realtà. Il negativo dopo il 1919 Mussolini

    si accorge che qualunque cosa dica viene presa sul

    serio dalla maggioranza degli italiani e pian piano

    da sindacalista diventa statista. Mussolini non ha

    il corsus onorus per occupare il posto di capo del

    governo, lui è un maestro elementare, il governo

    è un’altra questione. Però ha occupato una casella

    che altre persone volevano occupare senza riuscirci.

    Conclusione noi italiani abbiamo l’obbligo di

    ricordare Mussolini con riferimento alla LEGGE che

    deve cambiare ogni volta che la realtà e cui la

    LEGGE fa riferimento per governarla ( la realtà )

    cambia, sia in modo lieve sia in modo consistente.

    A questo proposito sottolineo che la nostra

    Costituzione è rigida, cioè non la si può cambiare

    con una semplice legge ordinaria ( maggioranza al

    51%) ma secondo un percorso stabilito dalla

    stessa Costituzione, e che alla fine del percorso

    Parlamentare si può chiedere, se è il caso, un

    Referendum confermativo chiamando il popolo

    italiano alle urne.

    Carissimo Sergio ancora una cosa e poi lo scritto

    è finito: come sai io sono un vecchio pensionato e

    spesso e volentieri vado all’edicola di via Forze

    Armate di Milano per comprare un quotidiano

    fresco di stampa intonso, per l’occasione scambio

    qualche frase di circostanza sia con l’edicolante che

    con qualche pensionato che staziona lì davanti

    all’edicola magari seduto sulla panchina proprio a

    qualche metro, e la discussione volge sul fatto che

    i padroni dei cani lasciano scorazzare libero il loro

    amico, ciclisti che sembrano centauri sfrecciare sui

    marciapiedi, ricordini che lasciano i cani mentre i

    loro padroni fischiettano guardando il paesaggio e

    altre amenità del momento, a questo punto

    invariabilmente un pensionato esclama” queste cose

    al tempo del Duce non sarebbero state tollerate, ah

    se per qualche tempo ritornasse il Duce”.

    Io rabbrividisco per queste frasi, però la realtà è

    questa, i governanti di Milano cosa fanno?

    Le anime candide sottolineano che comunque e a

    prescindere il Duce ha comunque e sempre

    sbagliato, non è vero a mio parere, perché quando

    Mussolini ha fatto il sindacalista, la sua qualità

    Migliore ha agito bene, Mussolini è ricordato per

    aver esteso l’istruzione, almeno elementare, a

    tutti, ha istituito le colonie estive, la ginnastica

    obbligatoria, ha iniziato a mettere da parte le

    marchette ( una specie di francobollo da incollare

    sopra una “libretta” che quando piena doveva

    essere consegnata all’INPS) che concorrevano

    per ricevere la pensione arrivati ad una certa età

    decisa in base alla realtà del momento.

    Nei casi sopra esposti Mussolini si è comportato

    da sindacalista, il suo cavallo da battaglia, lui ha

    raccolto le aspirazioni dei servi della gleba le ha

    presentate agli industriali e agli agrari, i quali le

    hanno prese in considerazioni e pian piano le

    hanno attuate, non perché erano benefattori ma

    perché l’istruzione, la salute, la tranquillità

    economica della terza età, consentiva un vantaggio

    sia per l’industria che per l’agricoltura.

    Però quando Mussolini vestiva i panni dello statista

    e si confrontava con i capi di stato esteri non aveva

    da attingere da nessuna parte, non ha il cursus

    honorum necessario, lui era e rimane un

    sindacalista, un arruffa popolo, un attizza fuoco,

    un personaggio che sapeva trovare le parole giuste

    affinchè la singola persone e il popolo intero

    prendevano coscienza di sé stesso e insieme , popolo

    e Mussolini, avrebbero percorso la strada che lui

    aveva illustrato.(ieri... oggi è il 19 maggio 2018)

  • Oggi 27 febbraio 2018 inizio, come promesso, un pamplet semiserio ma mica tanto inteso a chiarire > che tanti guai provoca

  • (.. segue su www.acraccademia.it)



  • ciao ci mandate le poesie x l'Oscar? .. a presto da http://www.acraccademia.it/Il%20Civennese%20pag%201.html
http://acrgiornaslismouniversitario.blogspot.it/2010/11/ultimessim

sabato 19 maggio 2018

Crv-AcrAccademia.it a cura di Francesco Costantino!



  • Carissimo Direttore Sergio Dario Merzario! 
    all’Italia e agli italiani. Questo pamplet è
    indirizzato alla casalinga di Voghera che non sa
    che pesci prendere e a chi credere; non voglio
    definire il giusto dalla sbagliato, ma chiudere i
    conti con il fascismo di Mussolini, liberare gli
    italiani con i fantasmi del “ventennio” per cercare
    di vivere questa nostra breve ma meravigliosa
    avventura sulla Terra al meglio.
    Naturalmente mi prenderò delle licenze storiche
    affinchè il racconto non sia noioso, lasciando
    intatta la sostanza dei fatti, la maggior parte dei
    fatti, sono stati presi dal quotidiano “Il Resto del
    Carlino”, dagli scritti di Gabriele D’Annunzio e
    Antonio Gramsci e infine dai manuali in uso nelle
    scuole della Repubblica Italiana.
    Come prima cosa: perché il fascismo si chiana
    fascismo? Sembra uno scioglilingua, è soltanto
    etimologia, cioè ricerca del significato di fascismo
    nei tempi antichi.
    Fascismo è una derivazione dei fasci littori del
    tempo monarchico romano. Signora casalinga di
    Voghera lei sicuramente avrà sentito parlare di
    Romolo primo re di Roma, bene a quel tempo i re
    si chiamavano Magistrati, univano nella loro
    persona i poteri esecutivi (governo) legislativo
    (parlamento) giuridico (tribunale), non proprio
    come li intendiamo oggi ( 2018 ) però dà l’idea
    del potere reale di allora e del perché esistevano
    i littori ( che probabilmente era una istituzione
    etrusca ). Comunque i littori sono equiparabili
    agli odierni Corazzieri, la guardia del Presidente
    della Repubblica Italiana, al principio, con
    Romolo, erano quattro, poi via via aumentarono
    senza avere un numero definito. Questi littori
    portavano poggiata sulla spalla una scure fasciata
    con verghe legate con quattro o cinque lacci, il
    tutto chiamato Fascio. Tutto questo perché i
    cittadini romani avevano il privilegio di fermare
    per strada il re o il magistrato e chiedere
    giustizia per un torto presunto subito, il re o il
    magistrato si fermava ascoltava l’accusa sentiva
    la difesa dell’accusato, interrogava i testimoni e
    alla fine emetteva la sentenza, la decapitazione
    per gli assassini e i traditori della Patria, le frustate
    per gli altri delitti.
    I littori eseguivano la sentenza ora e subito.
    Questa forma di giustizia selvaggia, per i nostri
    tempi 2018, era bilanciata dal fatto che i magi-
    strati romani, dopo la monarchia, a seconda del-
    l’importanza erano eletti direttamente dai
    cittadini romani, e dato che l’elezione delle varie
    magistrature era per i romani il privilegio più
    ambito, gli eletti dovevano dar prova di servizio
    per garantire al popolo romano pace e giustizia,
    oggi, ora e subito.
    Il fascismo dell’anno 1919 è stato portato avanti
    dalle “camice nere”, oggi 2018 basta pronunciare
    camicia nera” che ne segue un putiferio, e c’è
    qualche politico che sostiene che chiunque
    pronunci “camicia nera” debba essere sottoposto
    a giudizio penale e condannato, assurdo, siamo
    siamo alla Santa Inquisizione.
    Continuiamo col capire le camicie nere.
    Il fatto tecnico di camicia nera è stato che quel
    colore era di facile reperimento, e dato che in
    famiglia si trovava facilmente una signora che
    sapesse confezionare le camicie, ecco come di
    incanto le camicie nere assursero a segno di
    riconoscimento i reduci vittoriosi della Prima
    Guerra Mondiale che si ritrovavano davanti alle
    Prefetture per reclamare le promesse che erano
    state fatte a loro negli anni bui delle trincee, di
    Caporetto, del Piave e di Vittorio Veneto.
    Procediamo con ordine.
    Nel 1914 – 1915 in Italia c’erano italiani che
    volevano restare neutrali e chi volevano entrare
    in guerra contro l’Austria per completare il
    Risorgimento italiano. Io non voglio entrare nella
    discussione di merito, non sono in grado di farlo.
    XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX


    Carissimo Sergio, qui di seguito la continuazione
    Del Fascismo, lo chiamerò FASCISMO-2

    Nel 1915 in Italia c’erano sostanzialmente due
    partiti, gli interventisti che volevano la guerra con-
    tro l’Austria e gli antinterventisti che non la
    volevano, in entrambi i casi la finalità era di
    completare il risorgimento annettendo il Trentino
    alto Adige e la parte orientale del Friuli, l’Istria e
    la città di Fiume, tralasciando i dettagli che secondo
    non interessano, il fatto principale era che i poteri
    forti e l’ambiente militare presentavano l’entrata in
    guerra una cosa facile ( le nuove armi e la nuova
    strategia ) e cosa importante la brevità della
    campagna militare era riassunta così: pochi mesi
    di guerra, vittoria sicura e tutti presto a casa.
    A questo punto bisogna sottolineare l’entusiasmo
    dei militari di carriera, non vedevano l’ora di
    marciare contro il nemico per ritornare a casa
    coperti di gloria, addirittura i bersaglieri per fare
    più in fretta adottarono la bicicletta, che poi si
    rivelò vincente ma per tutta un’altra questione.
    Nel 1915 comunque sia l’Italia entra in guerra, e
    dopo pochi mesi di assalti alla baionetta nefasti per
    i soldati italiani il generalissimo Cadorna dovette
    affrontare un problema che dette inizio all’epopea
    delle Camicie Nere.
    I sergenti, sottotenenti, tenenti e capitani di
    carriera furono falciati inesorabilmente dalle
    mitraglie austriache, il Cadorna si trovò senza
    ufficiali inferiori e sottufficiali, cosa fare?
    Cadorna chiama alle armi farmacisti, notai,
    professori, piccoli e grandi commerciati,
    intermediari agricoli, capi bovari e mezzadri,
    tutte queste persone frequentarono un corso
    acellerato militare e sostituirono i graduati falciati
    dalle mitraglie. Questi militari all’inizio non potero
    no fare altro che eseguire alla lettera gli ordini dei
    dispacci giornalieri, ma piano piano le cose
    cambiarono.
    Un esempio per tutti, una lettera di un alpino:
    Cara moglie qui al fronte non viviamo bene
    speriamo solo di vedere la prossima alba, l’altro
    ieri abbiamo avuto l’ordine di attraversare il
    fiume e posizionarci dietro la collina, il sergente
    Piero, quello che compre il vino, a poco, di tutta la
    nostra zona e lo rivende in città al doppio, ha fatto
    presente al Tenente Giulio, figlio del notaio, che
    pescava proprio dove dovevamo attraversare
    all’improvviso i mulinelli d’acqua facevano la loro
    nefasta comparsa.
    Il tenente Giulio ha trascorso tutto il pomeriggio per
    accertasi del fatto, e una volta sicuro, l’indomani
    mattino in accordo con il capitano il dott. Mario,
    dette ordine di caricare i muli, gli zaini per risalire
    il fiume fino a che trovammo un guado sicuro.
    Infatti a sera il porta ordini riferì che l’altra
    compagnia ha perso un mulo e bagnato parte del
    carico per colpa dei mulinelli apparsi all’improvviso.
    Caro Sergio, il cammino delle camicie nere è
    iniziato, il personale civile sottufficiali e ufficiali
    inferiori iniziò a ottemperare gli ordini scritti non
    alla lettera come ci si aspetta da un soldato ma
    secondo la convenienza del momento, insomma prendono coscienza di se stessi e del momento che vivono.
    Adesso esaminiamo Caporetto, la guerra si
    trascinava stancamente con assalti inconcludenti
    da ambo le parti, intanto in Russia i tedeschi e i russi
    giungono ad un cessate il fuoco complice la
    rivoluzione di ottobre con l’assalto al palazzo dello
    Zar, le divisioni tedesche impiegate in Russia
    vengono spostate sul fronte italiano giudicato
    dallo stato maggiore tedesco il più facile da
    sfondare per poi prendere alle spalle le linee francesi
    e presentarsi al tavolo della pace da una posizione
    di forza, i tedeschi sapevano che la guerra era
    quasi perduta.
    A questa fotografia della realtà bisogna aggiungere
    il fatto che in tutte le guerre i comandanti hanno
    cercato di sapere in anticipo le mosse del nemico
    attra verso le spie le quali erano ben pagate, nella
    vicenda di Caporetto le spie e i dispacci intercettati
    furono decisivi; il Cadorna era stato ben informato
    che le divisioni tedesche dalla Russia si avvicinavano
    alla zona orientale italiana, però forse per mancanza
    di mazzi di carte i dispacci informativi furono usati
    per, come succedaneo, giocare a carte, insomma
    furono letti e considerati poco attendibili.
    Chiaramente le nostre linee avevano sì le sentinelle
    ma queste non erano al massimo dell’allerta, per
    questo motivo le divisioni tedesche trovarono poca
    resistenza, inoltre bisogna sottolineare che
    l’esperienza maturata in Russia faceva dei tedeschi
    una formidabile macchina da guerra.
    I tedeschi sfondarono le linee italiane e costrinsero
    i nostri alla ritirata, gli italiani si attestarono sulla
    riva destra del Piave, e qui avvenne qualcosa che
    trascende le vicende puramente militari e irrompe
    l’umanità dell’uomo che in quel momento è un
    soldato. Gli alpini della Julia sempre più
    insistentemente vengono a sapere delle scorrerie
    dei tedeschi e ciascuno di loro pensa subito alla
    sua baita, al suo campo, alla sua famiglia, al suo
    buccino; questi pensieri lo tormentano ogni ora
    di più, ed ecco che gli alpini della Taurinense si
    offrono di menare le mani, insomma la Julia indica
    la strada da percorrere e la Taurinense avrebbe
    liberato la terra italiana dai tedeschi.
    Questo fu possibile da due fatti importanti anche se
    questi fatti sono slegati l’uno dall’altro, ad essi se ne
    aggiungerà un altro fornito dai bersaglieri.
    Primo fatto, il generalissimo Cadorna fu spostato
    finalmente ad altro incarico, il subentrante Diaz
    lascio una certa autonomia di azione ai comandanti
    sul campo.
    Secondo fatto, anche i tedeschi avevano le loro spie,
    queste riportarono a loro i dispacci che stabilivano
    che il reparto A doveva posizionarsi nella zona X1,
    il reparto B nella zona Y2, e così via,
    conseguentemente i tedeschi sulla riva sinistra del
    Piave cannoneggiarono le zone indicate dai dispacci
    intercettate o fornite dalle spie.
    Invece i comandanti italiani per un motivo o per
    un altro non si posizionarono secondo gli ordini
    ricevuti ma secondo la convenienza del momento.
    Terzo fatto, i bersaglieri ciclisti nella fretta
    abbandonarono le biciclette per attraversare il
    Piave e salvarsi la vita, quest’affronto non lo
    digerirono, i bersaglieri si ricordarono che
    sapevano correre e vollero dimostrare di esserne
    ancora capaci.
    Tutti questi fatti uniti insieme permisero agli
    alpini unitamente ai bersaglieri di ripassare il Piave
    e piombare sui tedeschi, i quali alla vista degli
    italiani non credevano ai loro occhi, come noi
    abbiamo bombardato con coscienza calvinista i
    vostri accampamenti come dai bollettini firmati
    da Diaz e voi siete qui?
    Gli ufficiali tedeschi ordinarono la ritirata per
    mancanza di munizioni e di viveri per evitare una inutile carneficina. Inoltre il Diaz fece circolare la
    voce che finita la guerra i reduci avrebbero avuto
    un lavoro dignitoso bastante per se stessi e la
    propria famiglia.
    A guerra finita con la vittoria degli italiani e gli
    alleati arriva un’altra grana, il presidente degli USA
    Roosvelt ( mi pare ) attraverso un suo ragionamento
    decide che la città di Fiume e l’Istria deve andare alla
    nascente Jugoslavia, apriti cielo D’Annunzio denuncia
    la vittoria mutilata” e con i reduci marcia su Fiume e
    per mesi spera che lo stato italiano sostenga la sua
    impresa, negativo il Re e il governo in carica ordinano
    il rientro pena l’intervento armato dell’esercito.
    A questo punto il Re Vittorio Emanuele III è in crisi,
    non può dichiarare guerra agli USA e dato che è stato
    lui a nominare e sostenere il generale inetto Cadorna,
    doveva abdicare favore del figlio Umberto II, nominare
    reggente la regina Margherita, sottolineo che la regina
    è una principessa di sangue reale e le cronache della
    epoca non riportano passi falsi, nominare, inoltre, il
    colonnello più giovane capo di stato maggiore,
    pensionando così tutti i militari più anziani.
    Quanto sopra esposto doveva permettere all’Italia
    e agli italiani di poter ricominciare da capo con
    personaggi nuovi non compromessi con il passato, così
    da essere accettati con rispetto all’estero.
    La monarchia nel 1919 era accettata da una larga
    maggioranza del popolo ed era garanzia di un
    momento di maturità che all’Italia mancava per
    essere alla pari con gli altri Stati.
    All’epoca gli operai e i contadini volevano portare
    in Italia la rivoluzione russa, spiegherò più in là
    perchè la rivoluzione russa non era esportabile
    in Italia.
    Però questo fatto ha contribuito alla nascente
    formazione delle camicie nere.
    Mettiamo in ordine i fatti, dopo l’avventura negativa
    di Fiume i reduci si riuniscono davanti alle Prefetture
    per riscuotere le promesse fatte sulle trincee,
    vogliono un lavoro e un corrispettivo dignitoso.
    Ottengono poco o nulla, il Re sciaboletta doveva
    puntellare la monarchia traballante, gli agrari
    e gli industriali volevano una protezione certa
    contro l’ipotesi di occupazione delle industrie e
    dei campi, qui bisogna aprire una parentesi, i
    Prefetti e i Commissari di Pubblica Sicurezza ( la
    Polizia di Stato dell’epoca ) fino a quando
    le occupazioni erano pacifiche e finalizzate a un
    ritorno economico lasciavano fare, intervenivano
    quando la situazione degenerava, onore ai
    Commissari per la loro equidistanza, in relazione
    alla possibilità di una vera rivoluzione e
    conseguente deportazione al Gulag italiano Forte
    delle Finestre di memoria risorgimentale del 1861.
    A questo punto esce fuori con prepotenza la figura
    di Mussolini che intuisce la potenzialità delle
    camicie nere e diventa l’ub, il perno, del momento,
    difende gli agrari e gli industriali dall’ipotetica
    rivoluzione, puntella la monarchia di sciaboletta,
    ridà orgoglio agli italiani demoralizzati
    dall’avventura negativa di Fiume. Ciascuno degli
    attori pensa che una volta domata la nascente
    rivoluzione si possa fare a meno dell’altro.
    Così non fu perché ci sono sempre dettagli
    apparentemente inocui ma che si ingrandiscono
    a dismisura man mano che passa il tempo.
    Primo dettaglio il re istituzionalizza Mussolini e
    le camicie nere, questo fatto riconosce le promesse
    fatte ai soldati del Piave, apriamo un’altra parente-
    si, ( i rappresentanti della società che portò l’Italia
    a Caporetto era formata da Ufficiali incapaci di
    cogliere le trasformazioni della realtà. In altre
    parole per loro la realtà non cambiava rimaneva
    uguale a se stessa fino alla fine dei tempi, poi
    aggiungiamo i giornalisti asserviti al potere
    [ succede ancora oggi 2018 ], fratelli e nipoti di
    nobili decaduti e senza rendite, di Cardinali,
    Vescovi e infine dei figli illegittimi del clero
    diocesano, tutte queste persone fin da piccoli
    inseguivano un posto al sole e quando si accorsero
    che le camicie nere avevano assicurato un introito
    economico sicuro e con poca fatica si intrupparono
    qualcuno un po’ prima della marcia su Roma,
    anche perché Mussolini aveva bisogno di nuove
    leve per presidiare tutte le città piccole e grandi,
    persone affidabili e ben viste dagli agrari dagli
    industriali e dal Vaticano e con l’innesto di
    queste persone le camicie nere perdono la
    ragione sociale, del loro esistere, la promessa
    di un lavoro ben retribuito è stata esaudita, che
    però non aveva nulla di dignitoso, perché
    riportava l’Italia al feudalesimo, tutte le persone
    quando nascevano erano inquadrate in una casella
    secondo la posizione sociale dei genitori e da lì non
    potevano muoversi facilmente a meno che non
    aderivano alle camicie nere.)
    Il Re, sciaboletta, pensava che una volta puntellata
    la monarchia nel Paese avrebbe trovato un garbuglio
    per liberarsi di Mussolini.
    Mussolini, invece, ha finalmente raggiunto il suo
    sogno, da bravo arruffa popolo con parlantina
    sciolta riusciva ad avere per se quasi tutto il popolo
    con poche eccezioni, notevole è il rifacimento del
    PNF partito nazional fascista, ricomposto in per
    necessità familiari, cioè per trovare un posto di
    lavoro era necessario avere la tessera del PNF.
    Le camicie nere erano sostanzialmente divise in
    due parti, la parte facente capo ai reduci del 1918,
    e dell’avventura di Fiume sono persone coscienti
    di se stessi e capaci di valutare la realtà per quella
    che è, e gli avventurieri dal 1922 in poi che
    cercavano solo un posto al sole, comunque le camicie
    nere erano consapevoli che servivano al governo, al
    Re, agli industriali e agli agrari per fare il lavoro
    sporco e inconfessabile. Più volte Mussolini cercò
    di sciogliere le camicie nere, anche lui in qualche
    modo ne era prigioniero, ma ormai dopo il 1923
    le camicie nere erano uno stato nello stato.
    Ora veniamo a Giacomo Matteotti.
    L’Italia e gli italiani devono a Matteotti gli onori a
    un maestro di democrazia e di vita. Detto questo
    a mio modesto avviso cercherò di spiegare perché
    Matteotti negli anni ’20 non venne percepito come
    una guida ma anzi venne barbaramente ucciso.
    All’epoca la stragrande maggioranza degli italiani
    avevano il problema di mettere insieme pranzo e
    cena, gli zappatori chiamati a giornata alla sera
    ricevuto il compenso dovevano comprare il
    pane e l’olio portarlo a casa e sfamare la famiglia,
    e se gli passava per la mente di comprare un
    giornale per sapere di Matteotti rimaneva
    il problema che non sapeva leggere. Insomma
    le idee, giustissime, di Matteotti rimanevano in
    un luminoso limbo senza essere recepite dal
    popolo bisognoso. Matteotti morì e quel poco
    di clamore dei giorni successivi piano piano
    finì, dobbiamo ricordare che all’epoca non c’era
    la TV, c’era la radio la quale trasmetteva il
    cosiddetto comunicato con le notizie del giorno,
    però la radio era controllata dal governo e il cerchio
    si chiude. Per onore di verità oggi, 2018, dobbiamo
    continuare a ricordare Matteotti per non
    dimenticarci il valore della libertà.
    Adesso devo illustrare le idee di un altro attore di
    quei tempi: Antonio Gramsci.
    Quando si parla di Antonio Gramsci, in Italia, si parla
    del biennio rosso 1920-22, nel senso che i comunisti
    italiani guidati da Gramsci hanno tentato di importa-
    re la rivoluzione bolscevica dalla Russia in Italia.
    Quanto sopra è vero, ma fino a un certo punto,
    perché dalle pagine “Le lettere del carcere” di
    Gramsci emerge altra cosa, che stranamente in
    Italia viene rimossa e che all’estero viene
    approfondita.
    Per ragioni per ragioni di estetica e di
    ragionevole lettura, insomma per non annoiare
    il lettore mi prendo licenze storiche a piene mani,
    anche per evitare accuse di fascismo o di
    antifascismo.
    Gramsci e i comunisti volevano importare la
    rivoluzione bolscevica semplicemente imitando
    gli scioperi industriali e le occupazioni delle terre.
    Nulla di più infausto. Per iniziare si deve
    sottolineare il fatto che in Italia non c’erano le
    “ Anime morte” di Gogol, scrittore russo, cosa
    significa: in Russiai proprietari terrieri
    aristocratici e no, risiedevano a Mosca e la
    loro preoccupazione era di riscuotere la rendita
    dei loro terreni dai loro amministratori per
    condurre una vita agiata e significativa a Mosca,
    città che bene o male aveva vivace e di levatura
    europea, Mosca non aveva nulla da invidiare a
    Parigi, a Berlino, a Londra. Gramsci non si
    capacitava a non vedere la rivoluzione in Italia,
    ecco che ebbe un’idea si reca a Mosca da Lenin
    per avere i giusti lumi e una cospicua sovvenzione.
    Lenin lo accoglie fraternamente e all’udienza
    concessa,( io non c’ero però da qualche parola
    rubata qui e là, viene fuori questo): Caro Totonno
    Gramsci la rivoluzione non è soltanto sciopero e
    occupazione, Totonno in Italia gli industriali
    vivono a pochi chilometri dalla loro industria,
    gli agrari quando è autunno prendono in mano
    un pugno di terra ne aspirano l’umore e decidono
    quanto letame ci vuole e dove metterlo, quando
    la brezza di giugno accarezza le spighe di grano
    prendono un pugno di spighe e pensano con
    queste possiamo ricavarci un pane per due persone
    a mezzogiorno, poi prendono una bracciata di
    spighe e pensano con queste ci facciamo le tagliatelle
    per tutta la famiglia, e pensieri simili le facevano
    anche gli industriali.
    Gli industriali e gli agrari italiani erano sempre in
    prima fila a difendere le loro proprietà costi quello
    che costi, a differenza dei proprietari russi che non
    sapevano dove si trovavano le loro proprietà.
    Vedi Antonio la rivoluzione operaia e contadina
    si può fare in Italia ma non copiando quella
    bolscevica russa. Antonio lo sbaglio che avete fatto
    è quello di lasciare il sindacalista arruffa popolo
    Benito Mussolini alla controparte padronale,
    voi comunisti italiani dovevate sostenere le
    richieste dei reduci e non pensare solo al vostro
    orticello. E’ vero che l’impresa di Fiume era
    persa in partenza, l’Italia non poteva opporsi al
    presidente USA Roosvelt, quindi quando i legionari
    ritornarono a Milano a Bologna a Venezia voi
    dove vate andargli incontro abbracciarli e
    sostenere la loro giusta richiesta: il lavoro dignitoso
    promesso nelle trincee da Caporetto a Vittorio
    Veneto, promessa che i promettenti non mantennero
    nell’immediato, ma che piano piano riuscirono ad
    esaudire contrapponendo le camicie nere agli operai
    e contadini.
    Totonno Gramsci io Lenin ti raddoppio la
    sovvenzione, ritorna in Italia e costruisci una
    opposizione all’italiana.
    Gramsci ritorna in Italia e presto viene imprigionato,
    però dal carcere riesce a fotografare scrivendo la
    situazione italiana: gli operai e i contadini hanno
    diritti e doveri diversi dagli altri ceti, insomma al
    99% sono i nuovi servi della gleba, però se accettano
    la loro condizione sono ben trattati e possono
    sperare sia di un miglioramento delle loro
    condizioni ma anche e soprattutto per i loro figli,
    ma quei servi della gleba che pretendono gli
    stessi diritti della media e grande borghesia e del
    clero, specialmente quello diocesano, si scontrano
    con le camicie nere ricevendo olio di ricino
    e manganellate, e se non basta carcere ed esilio.
    Per finire il discorso su Gramsci vorrei riassumere
    “ Le lettere dal carcere” con una ipotetica lettere che
    Gramsci avrebbe potuto scrivere a Mussolini, questa
    lettera non fu mai scritta ma è il riassunto del
    riassunto del riassunto del rapporto fra Gramsci
    e Mussolini.
    A sua Eccellenza il Primo Ministro Onorevole Benito
    Mussolini, egregio Mussolini noi comunisti italiani ci
    rivolgiamo a Lei per sottoporle una richiesta per
    riappacificare gli italiani tutti sotto la Sua
    illuminata guida, noi comunisti italiani siamo
    disposti ad accettare le Sue innovazioni in
    campo economico-politico-culturale purchè Lei
    sciolga le Camicie Nere e promuava nuove
    elezioni entro un anno, questa volta i seggi elettorali
    devono essere presidiati dalla Polizia, dai Carabinieri,
    e se non basta dall’esercito.
    Naturalmente Mussolini non poteva esaudire questa
    richiesta, ormai Mussolini è prigioniero di sé stesso
    del Re, e delle Camicie Nere che ATTENZIONE non
    so no più solo i reduci di Caporetto e Vittorio
    Veneto, ormai sono inquinate dai nuovi iscritti,
    persone in cerca di un posto al sole senz’anima né
    cervello, queste persone imitano malamente
    Mussolini, il quale fa quello che sa fare: arruffa
    popolo, Mussolini si rende conto delle richieste
    del popolo affamato e con discorsi affascinanti,
    convencenti e coreografici parla e parla facendo
    intravedere luminosi traguardi che in effetti ha
    costruito solo in piccola parte e per pochi, questi
    traguardi li espone per tutti, e il popolo applaude
    convinto che il benessere sia a portata di mano,
    per farla breve sia Mussolini che il Popolo si
    illudono che i discorsi siano veri. Non sapremo
    mai se Mussolini credeva in ciò che diceva, la realtà
    della Seconda Guerra Mondiale fu peggio di quella
    esposta dai generali che conoscevano le condizioni
    dell’esercito italiano in rapporto a quello degli altri
    stati belligeranti, e fu la catastrofe.


    Per finire voglio esporre la mia personale idea sul
    fascismo: noi italiani abbiamo la Legge Scelba che
    individua il reato di ricostruzione del Partito
    Fascista quando in un momento di discussione
    politica siano esposti simboli che riconducano
    al fascismo degli anni ’20 ’30 e ’40 ( Mussolini
    decideva per filo e per segno cosa doveva fare e
    dire una persona nelle 24 ore del giorno, che
    poteva anche andare bene ma il guaio era che non
    si poteva cambiare niente nei secoli dei secoli
    con la benedizione della Chiesa, in particolare
    quella diocesana, è qui il reato di fascismo: la
    LEGGE che governava bene una realtà di un
    determinato anno o periodo necessariamente era
    dannosa se la realtà cambia, conseguentemente
    la LEGGE doveva cambiare per recepire la nuova
    realtà, un po’ come il paniere dell’Istat che fa
    entrare i nuovi prodotti che diventano necessari
    al buon vivere e toglie quei prodotti che sono sempre
    utili ma non più necessari al buon vivere, e da questi
    prodotti trae l’inflazione che determina l’aumento dei
    salari e delle pensioni. Spero di essere stato chiaro. E
    per essere sinceri non è farina del mio sacco, è solo
    che è qualcosa di migliaia di anni fa e che io l’ho
    aggiustata ad oggi.
    Vorrei dare un giudizio su Mussolini, anzi sono due
    uno positivo e uno negativo.
    Mussolini dalla fine dell’800 al 1918 fa quello che sa
    fare: il sindacalista. Il suo bel parlare costringe gli
    italiani a prendere coscienza di sé stessi, e cercare
    una nuova realtà. Il negativo dopo il 1919 Mussolini
    si accorge che qualunque cosa dica viene presa sul
    serio dalla maggioranza degli italiani e pian piano
    da sindacalista diventa statista. Mussolini non ha
    il corsus onorus per occupare il posto di capo del
    governo, lui è un maestro elementare, il governo
    è un’altra questione. Però ha occupato una casella
    che altre persone volevano occupare senza riuscirci.
    Conclusione noi italiani abbiamo l’obbligo di
    ricordare Mussolini con riferimento alla LEGGE che
    deve cambiare ogni volta che la realtà e cui la
    LEGGE fa riferimento per governarla ( la realtà )
    cambia, sia in modo lieve sia in modo consistente.
    A questo proposito sottolineo che la nostra
    Costituzione è rigida, cioè non la si può cambiare
    con una semplice legge ordinaria ( maggioranza al
    51%) ma secondo un percorso stabilito dalla
    stessa Costituzione, e che alla fine del percorso
    Parlamentare si può chiedere, se è il caso, un
    Referendum confermativo chiamando il popolo
    italiano alle urne.
    Carissimo Sergio ancora una cosa e poi lo scritto
    è finito: come sai io sono un vecchio pensionato e
    spesso e volentieri vado all’edicola di via Forze
    Armate di Milano per comprare un quotidiano
    fresco di stampa intonso, per l’occasione scambio
    qualche frase di circostanza sia con l’edicolante che
    con qualche pensionato che staziona lì davanti
    all’edicola magari seduto sulla panchina proprio a
    qualche metro, e la discussione volge sul fatto che
    i padroni dei cani lasciano scorazzare libero il loro
    amico, ciclisti che sembrano centauri sfrecciare sui
    marciapiedi, ricordini che lasciano i cani mentre i
    loro padroni fischiettano guardando il paesaggio e
    altre amenità del momento, a questo punto
    invariabilmente un pensionato esclama” queste cose
    al tempo del Duce non sarebbero state tollerate, ah
    se per qualche tempo ritornasse il Duce”.
    Io rabbrividisco per queste frasi, però la realtà è
    questa, i governanti di Milano cosa fanno?
    Le anime candide sottolineano che comunque e a
    prescindere il Duce ha comunque e sempre
    sbagliato, non è vero a mio parere, perché quando
    Mussolini ha fatto il sindacalista, la sua qualità
    Migliore ha agito bene, Mussolini è ricordato per
    aver esteso l’istruzione, almeno elementare, a
    tutti, ha istituito le colonie estive, la ginnastica
    obbligatoria, ha iniziato a mettere da parte le
    marchette ( una specie di francobollo da incollare
    sopra una “libretta” che quando piena doveva
    essere consegnata all’INPS) che concorrevano
    per ricevere la pensione arrivati ad una certa età
    decisa in base alla realtà del momento.
    Nei casi sopra esposti Mussolini si è comportato
    da sindacalista, il suo cavallo da battaglia, lui ha
    raccolto le aspirazioni dei servi della gleba le ha
    presentate agli industriali e agli agrari, i quali le
    hanno prese in considerazioni e pian piano le
    hanno attuate, non perché erano benefattori ma
    perché l’istruzione, la salute, la tranquillità
    economica della terza età, consentiva un vantaggio
    sia per l’industria che per l’agricoltura.
    Però quando Mussolini vestiva i panni dello statista
    e si confrontava con i capi di stato esteri non aveva
    da attingere da nessuna parte, non ha il cursus
    honorum necessario, lui era e rimane un
    sindacalista, un arruffa popolo, un attizza fuoco,
    un personaggio che sapeva trovare le parole giuste
    affinchè la singola persone e il popolo intero
    prendevano coscienza di sé stesso e insieme , popolo
    e Mussolini, avrebbero percorso la strada che lui
    aveva illustrato.(ieri... oggi è il 19 maggio 2018)
  • Oggi  27 febbraio 2018 inizio, come promesso, un pamplet semiserio ma mica tanto inteso a chiarire la parola <<fascismo>> che tanti guai provoca
  • (.. segue su www.acraccademia.it)  


  • ciao ci mandate le poesie x l'Oscar? .. a presto dahttp://www.acraccademia.it/Il%20Civennese%20pag%201.html
http://acrgiornaslismouniversitario.blogspot.it/2010/11/ultimessim